Mostra Cicatrici - Il percorso espositivo

L'intento che si propongono i curatori della mostra CICATRICI - Le lacerazioni della Grande Guerra nelle opere riscoperte dei soldati è di riflettere sulle deturpazioni lasciate dalla Prima guerra mondiale, ponendo l’attenzione sugli sfregi – visibili e invisibili – che hanno straziato i corpi (e le menti) dei soldati, i luoghi delle battaglie e l’intero corpo sociale.
Henri Desbarbieux, Soldati in trincea, 1916, acquaforte
Significativi a tale proposito sono le terribili cicatrici che ancora straziano, dopo oltre cento anni, le zone che videro contrapposti gli eserciti francesi e tedeschi nella sanguinosa battaglia di Verdun, uno sterminato, territorio, inizialmente di oltre mille chilometri quadrati (denominato Zone Rouge), ancora oggi interdetto, pericoloso per i residui delle armi chimiche (piombo, zinco, arsenico...) e i prodotti della decomposizione di uomini e animali, cosparso inoltre da milioni di munizioni inesplose. A questo terribile scontro militare è dedicata la prima sezione dell'esposizione, che presenta la raccolta Verdun (opera a tutt'oggi interamente omessa dagli studi dedicati all'arte della Grande Guerra), eseguita nel 1916 dall'artista-soldato Henri Desbarbieux che, avendo partecipato all'omonima battaglia in prima persona, volle rendere visibile l’invisibile, evocando in queste incisioni gli effetti esiziali dei combattimenti sulle menti dei soldati.

Charles Harder, Soldati addormentati, 1914-15, litografia 
Simili claustrofobici cunicoli compaiono nelle sei litografie della raccolta Les preux… (I prodi) di Charles Harder la cui memoria, come quella di numerosi altri artisti-soldato, è andata dispersa nel cataclisma della Grande Guerra. In queste opere i "prodi" di Harder si aggirano come sperduti nella semi-oscurità di cupe gallerie, rischiarate da flebili candele, evidenziando tutta l'alienazione di una guerra lungamente attesa, e certo anche temuta, ma mai realmente combattuta, a difesa della frontiera Svizzera che rischiava d'essere attaccata dai tedeschi.

Fritz Gärtner, Fiori e filo spinato, 1916, acquaforte
La terza sezione della mostra pone all'attenzione del visitatore un'altra figura d’artista dimenticato, quella del soldato tedesco Fritz Gärtner, la cui ricerca espressiva intorno alla vita del fante ha un afflato eminentemente lirico, non privo di pregnanti punti di problematicità.

G. Focardi, Malato che mangia, 21 agosto 1917, disegno
La successiva sezione ci dà la rara opportunità d'entrare in un ospedale militare, accompagnati da alcuni disegni di metafisica essenzialità dell'italiano G. Focardi. Si tratta di efficaci schizzi che ritraggono dei soldati convalescenti, circondati da un vuoto congelato e spersonalizzante, quasi a mostrare come la loro vita durante la cura non fosse, in fondo, troppo diversa da quella che trascorrevano in trincea. In questo senso, l’ospedale raccontato dalle immagini di Focardi non si oppone alla guerra, ma ne rappresenta una fase necessaria, nella quale il malato è ridotto a cosa, un prodotto di scarto della macchina della guerra da "riparare" e rimettere rapidamente in ciclo.

Henry De Groux, L'altra trincea, 1916, acquaforte 
La quinta sezione della mostra si segnala per l'appassionato contenuto antimilitarista, presentando alcune opere dell’artista belga Henry De Groux (1866 - 1930), la cui figura, molto nota un tempo, per le mutevoli vicende che governano la fortuna critica è oggi sostanzialmente misconosciuta. In queste tavole di dirompente forza visionaria, la guerra assume la veste dell’orrore e della morte, evento folle e insensato, privo di qualsiasi finalità, per i vinti come per i vincitori, e - al tempo stesso - condizione imprescindibilmente connaturata all'essere umano.

Maurice Poitevin, Montécouvet, aprile 1917, disegno
Chiude l'esposizione una piccola ma significativa scelta di opere dell'artista soldato francese Maurice Le Poitevin, lettighiere combattente del 329° reggimento di fanteria. Immagini poetiche e potenti da osservare attentamente per decodificarne il senso recondito, come il disegno L’ora del tè in trincea nella quale un soldato, dalla cupa profondità di una trincea, volge lo sguardo all'improvviso - inopinatamente, verrebbe da dire - verso le stelle, ri-scoprendo una dimensione superiore, oppure come l'opera la cui immagine è posta qui sopra, che sembra trasportare di peso l'osservatore nella cupa profondità di una creute (caverna) abitata da soldati che paiono prigionieri, obbligandolo quasi a condividerne empaticamente il malinconico stato d'animo. 

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