Film americani sulla Grande Guerra degli anni Sessanta e Settanta


Uno dei primi film americani sulla Grande Guerra degli anni Sessanta è Hemingway's Adventures of a Young Man (Le avventure di un giovane), uscito nel 1962 per la regia di Martin Ritt. Vi si narra la giovinezza di Nick Adams, personaggio che trae la sua linfa - abbastanza liberamente e con annacquata aderenza emotiva - dalle esperienze, anche belliche, e i vagabondaggi giovanili di Hemingway, così come lo scrittore li tramanda nel suo racconto In Our Time. Originario del Michigan, il ragazzo si trasferisce a New York per diventare giornalista. Non ha grande fortuna e finisce arruolato nell'esercito americano in partenza per l'Europa. Ferito in un'azione di guerra viene amorevolmente assistito da Rosanna, un’avvenente infermiera che perderà la vita di lì a poco, durante un bombardamento. A guerra finita, il ragazzo riprenderà la sua vita là dove s'era interrotta (nota 1).


The Blue Max (La caduta delle aquile) di John Guillermin, del 1965, è un film che suscita forti emozioni. Tratto dall'omonimo romanzo di Jack Hunter, racconta le gesta di uomini che rappresentano uno dei primi grandi miti della modernità: gli aviatori della Prima guerra mondiale (nello specifico, i piloti dell'esercito tedesco). Certo, il profilo che di queste persone si delinea è tutt'altro che idealizzato, portatori come si dimostrano, oltre che di grande valore e sprezzo del pericolo, di molte delle meno edificanti umane debolezze quali l'acrimonia, la gelosia, la violenza, la chiusura verso le classi sociali inferiori, le pulsioni esasperate e così via. Il protagonista della pellicola è Bruno Stachel, un uomo del popolo, brillante, coraggioso e di notevoli ambizioni (su tutte, quella di vedersi assegnare la Blue Max, la più prestigiosa decorazione militare tedesca), che fatica a farsi accettare dai compagni di condizione più elevata. Sarà proprio l'ambizione a condurlo alla morte, non senza prima causare notevoli perdite tra i compagni per l'eccessiva - e inutile - temerarietà in battaglia. Tra scene spettacolari (alcune riprese di battaglie aeree restano inarrivabili), dialoghi sferzanti e coinvolgenti scene d'amore, il film conquista lo spettatore per il ritmo incalzante e la narrazione sempre avvincente che, tra l'altro, mette in luce senza ambiguità il fondamento autodistruttivo della guerra (nota 2).


Darling Lili (Operazione Crêpes Suzette) è una pellicola del 1970, diretta da Blake Edwards, che si avvale di attori importanti quali Julie Andrews e Rock Hudson. Fondendo toni e generi, dal musical alla farsa comica, dall'intrigo spionistico all’operetta, dal film bellico alla love story, diviene un'opera di difficile classificazione, anche per il pubblico, e non è forse un caso che ebbe scarso successo al botteghino. Ambientata nel periodo della Prima guerra mondiale, vi si narra la vicenda di una soubrette londinese, Lili Smith, che lavora segretamente per lo spionaggio tedesco. Innamoratasi inopinatamente del tenente americano William Larrabee, da lei avvicinato al fine di sottrargli informazioni militari, finisce per svelare la propria copertura per salvarlo dalla fucilazione. Nella pellicola, di tono lieve e infarcita di molta musica, vengono sparsi a piene mani tutti i cliché e i topoi del periodo. Operazione meta-cinematografica che fa uso del «falso», dell’inverosimiglianza e dell’esagerazione cinematografica (nota 3).


Dedicato alla figura leggendaria del Barone rosso è il film drammatico, del 1971, Von Richthofen and Brown (Il Barone Rosso) di Roger Corman. La pellicola segue la lezione del capolavoro di Jean Renoir La grande illusione, riprendendo lo schema dei film d’aviazione degli anni Trenta, con la guerra aerea che, inizialmente “cavalleresca”, prende via via l'aspetto di un massacro indiscriminato. Qui tale linea interpretativa si concretizza nello scontro tra un vecchio pilota aristocratico, pregno di nobili aspirazioni (Von Richtofen, il celebre Barone Rosso), e il rivale canadese Roy Brown, giovane e valoroso pilota di umili origini. Il film risulta una sorta di micro-storia della «guerra civile europea», alludendo anche alla genesi del nazismo tramite la figura di Hermann Goering, che sostituisce il Barone Rosso - abbattuto da Brown - al comando della squadriglia: fautore di una modalità di combattimento ancora più cruenta e totale, appare il vero vincitore della vicenda (nota 4).


Uscito anch'esso nel 1971, Johnny Got His Gun (E Johnny prese il fucile) è una straziante requisitoria antimilitarista, un limpido e terribile urlo di sdegno contro la cieca logica che guida gli uomini: non solo i militari ma anche coloro che si occupano di scienza e di religione. Diretto da Dalton Trombo, scrittore e sceneggiatore di fama (tra i più pagati di Hollywood), che lo trasse dal proprio omonimo romanzo del 1939, il film narra l'atroce destino di un giovane soldato americano gravemente ferito da una cannonata nell'ultimo giorno di guerra, sul fronte francese. Miracolosamente salvato dai medici dell'ospedale militare alleato, si ritrova mutato in un terribile moncone umano pensante, privo di gambe, braccia e parte del viso, e dunque di vista, olfatto, udito e parola. La pellicola si avvale allora di due livelli narrativi, mostrando la realtà del presente in bianconero e i ricordi e i sogni del povero mutilato a colori. Nessuno verrà in soccorso del giovane, neppure quando (trovato faticosamente il modo di comunicare con il mondo esterno tramite l'alfabeto Morse) chiederà di essere pietosamente lasciato morire e poi esposto al pubblico in perenne testimonianza della follia della guerra. L'autorità militare non accoglierà tale richiesta, abbandonando dunque il ragazzo a una terrificante esistenza di buio, silenzio e isolamento (nota 5).


All Quiet on the Western Front (Niente di nuovo sul fronte occidentale), diretto da Delbert Mann, è un remake per la TV di All'ovest niente di nuovo di Milestone (a sua volta trasposizione cinematografica del romanzo di Remarque). In onda nel 1979, ripercorre la nota storia dei sei giovani studenti austriaci che partecipano come volontari alla Grande Guerra. La vicenda del loro apprendistato duro e violento e del loro triste destino viene seguita tramite una narrazione poco più che diligente, corretta e rispettosa della scrittura letteraria e cinematografica (nota 6).

Stefano Cò


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Note

1.
 Vedere Roberto Ellero, Martin Ritt, il castoro cinema/La Nuova Italia, Firenze, 1989, pp.34-36 per approfondimenti critici su questo film di Ritt, che nel titolo originale esplicita la sua provenienza dai racconti autobiografici di Ernest Hemingway: i principali motivi di interesse; le difficoltà di produzione; la scadente realizzazione (evidente, ad esempio, nella “maniera” e “melensaggine” della seconda parte, ambientata sul fronte italiano, con esterni dal vero).
2. Il titolo originale del film, The Blue Max, fa riferimenti alla più alta decorazione militare prussiana. Sceneggiato da Ben Barzman, vittima del maccartismo, girato in Irlanda, alla pellicola viene in genere riconosciuto un gran ritmo narrativo e un cast di tutto rispetto, abilmente diretto da Guillermin, regista considerato uno specialista del cinema avventuroso. Riguardo alle principali tematiche del film (il senso dello spettacolo, la messa in scena, la presenza di personaggi esasperati e compulsivi come il pilota tedesco di modeste origini, ossessionato dal bisogno di superare il senso di subalternità sociale e guadagnarsi un’onorificenza nonostante l’imminente sconfitta del suo paese), vedere la scheda di Anton Giulio Mancino nel Dizionario dei registi del cinema mondiale, vol. II, cit., p. 104.

3. Per la difficoltà produttiva del film, le pretese e i tagli imposti, le ragioni del regista, alcune considerazioni sull'operazione meta-cinematografica, le scelte formali e visive, i richiami a un maestro del cinema come Ernst Lubitsch, la “nostalgia” del cinema classico vedere Roberto Vaccino, Blake Edwards, il castoro cinema/La Nuova Italia, Firenze, 1979, pp. 87-92.
4. Su Il Barone Rosso vedere Giaime Alonge, Cinema e guerra, cit., pp. 192-194 (
analisi del conflitto tra i vecchi piloti aristocratici e i nuovi piloti borghesi, uomini del Novecento, differenze ma pure “affinità”; riflessioni sulla figura del futuro gerarca nazista Goering). Interessanti riflessioni sull'accostamento all'opera di Hawks (e a Le vie della gloria in particolare), sul rapporto tra i personaggi, l’ambiguità della guerra e la complessità della narrazione e delle azioni belliche, vedere Giuseppe Turroni, Roger Corman, il castoro cinema /La Nuova Italia, Firenze, 1976, pp. 196 e segg.
5. SE Johnny prese il fucile e la visionarietà espressionista di un racconto angosciante, quasi intollerabile, vedere la scheda di Giuliana Muscio nel Dizionario dei registi del cinema mondiale, vol. III, cit., p. 511-512.
6. Niente di nuovo sul fronte occidentale, sceneggiato da Paul Monasch, ebbe tre nomination agli Emmy Awards. Sul regista Delbert Mann (che fece alcuni film importanti negli anni Cinquanta e Sessanta, ritornando al mondo televisivo d’origine dagli anni Settanta) vedere la scheda di Lorenzo Codelli nel Dizionario dei registi del cinema mondiale, vol. II, cit., p. 503-504. 

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