"Burattini nelle trincee italiane" di Albert Bagno

Burattini al fronte (1915)
Burattini in trincea
Ovvero i burattini e i burattinai in Italia durante la Prima guerra mondiale
a cura di Albert Bagno (burattinaio - ricercatore)
È abbastanza noto che, nel corso della Prima guerra mondiale in Italia, numerosi furono gli intrattenimenti artistici organizzati a favore delle truppe, al fronte e nelle retrovie. Meno conosciuta è invece la circostanza che, in alcuni casi, tali spettacoli prevedevano la presenza di burattini e marionette (quello che oggi chiamiamo teatro di figura). All’epoca il teatro di figura era al termine di in un periodo di espansione che aveva preso l'avvio nel secolo precedente, ed era assai apprezzato e diffuso in tutto il paese, in particolare nel centro nord.
I burattinai italiani erano in gran parte favorevoli alla guerra: molti di loro, allo scoppio del conflitto, si arruolarono volontari, andando poi a esibirsi nella loro arte (nei momenti in cui non erano impegnati in attività guerresche), al fine di tenere alto il morale dei compagni. 
Ma anche chi, tra questi artisti, era troppo giovane o troppo vecchio per scendere personalmente nelle trincee, scelse spesso di mettersi al servizio delle forze armate, organizzando spettacoli di propaganda o di satira politica che riscontravano grande successo tra le truppe, tanto che sovente erano i corpi d’armata a richiedere questo genere di spettacoli. Richieste cui talvolta rispondevano gli stessi soldati provenienti da luoghi dove i burattini erano espressione di tradizioni vive e dinamiche, trasformandosi per qualche tempo in burattinai.
A tale proposito, il personale medico  riteneva che la presenza dei burattini fosse molto salutare anche per i feriti: eravamo all’alba degli usi terapeutici dei burattini [nota 1]. Capitava dunque talvolta al soldato tornato ferito dal fronte, di trovare in un corridoio dell'ospedale una baracca dove i burattinai erano spesso ragazzi non ancora in età di essere arruolati. Il giovane bergamasco Domenico Rinaldi, ad esempio,  animò i burattini per i soldati nell’ospedale di Martinengo, nel sud della provincia di Bergamo, spinto a ciò, nel 1916, dal proprio parroco che in cambio gli donò una muta di burattini che giaceva abbandonata nel solaio della sua chiesa. 
A partire del 1916 in numerose case del soldato vennero montati teatrini  che rimasero attivi fino alla fine del conflitto. Solo nella casa di Bologna, ad esempio, vennero presentati più di 500 spettacoli, quasi tutti animati dai burattinai Augusto Galli e Guilio Gandolfi. Altri burattinai attivi in questi centri ricreativi furono i bolognesi Gualtiero Cavadini e Gaetano Chinelato.
Tra questi artisti attivi durante la guerra vogliamo ricordare anche Giovanni Battista Locatelli (1884-1923). Originario di Bergamo, fu probabilmente uno dei migliori gioppinisti di tutti i tempi, nonostante fosse costretto ancora giovane ad abbandonare la professione per gravi problemi di saluteHa lasciato un'opera teatrale considerevole, comprendente anche due testi redatti durante la Grande Guerra : «Alla baionetta !» e «L’Impero della Forca». Si tratta di lavori propagandistici che motteggiano i "caschi a punta" [nota 2]. 
Nel'ambito del nostro discorso, interessante e tutta da documentare è la fabbricazione di burattini effettuata dai soldati nel corso della loro lunga permanenza in trincea: si trattava spesso soltanto di rudimentali ed arcaiche teste di legno, che possedevano sovente, tuttavia, una notevole forza espressiva. A Bergamo, in una collezione privata, troviamo un Gioppino e una Margì (gli eroi dei teatrini bergamaschi) molto arcaici, realizzati in quel periodo da un soldato di probabile origine bergamasca, costruiti verosimilmente per animare spettacoli improvvisati, destinati ai compagni di battaglia [nota 3].
Uno dei soldati-burattinai di cui è rimasta memoria è Stanislao Ponzi detto Nello (1897-1984), originario di S. Maria del Piano in provincia di Parma, e conosciuto come artista naïf. Eccellente burattinaio dilettante, presentò i suoi spettacoli ai commilitoni. Ed  è molto probabile che ottenne i gradi di sergente maggiore più per i servizi resi alla patria con i burattini che per le sue scarse capacità col fucile.
Nel 1915 partì per il fronte quello che diventerà il più grande organizzatore di compagnie di marionette: Vittorio Podrecca. Con le sue marionette e i suoi burattini, si occupò di organizzare numerosi spettacoli per i commilitoni.

In diversi musei italiani (ad esempio nel Castello dei burattini di Parma) sono conservati burattini e documenti burattineschi prodotti durante la Grande Guerra nelle montagne del Carso, del Trentino e nei luoghi più impensabili dove nascevano improvvisate compagnie. 

Nel Castello dei burattini è conservata una testa di Sandrone che sarebbe stata utilizzata durante la guerra. La particolarità di questa marionetta è la presenza di un foro sulla fronte, prodotto, si dice, da un proiettile sparato da un tiratore scelto austriaco (cosa non inverosimile, considerando che il diametro del foro corrisponde a quello dei proiettili allora in uso) [nota 4].
La storia dei burattini nella Grande Guerra è ancora tutta da scrivere. Un piccolo ma significativo tassello di essa data però certamente 1918, quando non pochi, allo Stato Maggiore italiano, si saranno sorpresi di ricevere l’ordine (da parte del generale Alberico Albricci, comandante del secondo corpo d’armata a Bligny in Francia) d'inviare al fronte una compagnia di burattinai. Il comandante richiedeva espressamente dei burattini per i suoi soldati, originari principalmente delle province di Bergamo e Brescia, perché si ricordava (come precisò più tardi) dell’azione spirituale che tali rappresentazioni avevano sulla gente di quelle valli al tempo della triste dominazione austriaca. La missiva proseguiva:  “Il teatro dei burattini è spesso animato in un modo intelligente e sovente coraggioso da artisti ingenui e pieni di spontaneità…” e finiva precisando: “ E, non dimenticate Gioppino!” [nota 5].
Da parte loro i civili, in particolare alcuni attori all'epoca assai noti, ad esempio Dina Galli, non esitarono a trasformarsi in burattinai per presentare spettacoli negli ospedali delle retrovie.
I burattini erano talvolta presenti anche nei campi di prigionia. Per passare il tempo sovente i soldati prigionieri scelsero di realizzare da zero (costruendo i burattini e le scene e scrivendo il copione) degli spettacoli che ebbero, nel loro ambito, un certo successo, come la commedia di critica alla guerra scritta dal reggiano Angelo Ruozi Incerti in collaborazione con Giuseppe Denti: “Per la più grande Italia ovvero Sandrone soldato”, scritta nei lager di Rastatt e Cellelager tra il 1917 e il 1918.
Albert Bagno
Burattinaio – Ricercatore




Note
[1] Pino Capellini, Crape de lègn, Ed. Sesaab, Bergamo, 2002.
[2]Idem.
[3] Idem.
[4] Informazioni in: http://www.castellodeiburattini.it/ con foto di Albert Bagno.
[5] Pino Capellini, Crape de lègn, Ed. Sesaab, Bergamo, 2002.
[6] Idem.

4 commenti:

  1. Un bellissimo contributo per chi cerca di avvicinarsi a questa Arte, grazie

    RispondiElimina
  2. La ringraziamo noi per il commento. Continui a seguirci!

    RispondiElimina
  3. Molto interessante. Sono insegnante di sostegno e burattinaio alle prime armi. Pensavo di far portare al "mio" ragazzo (per l'esame di terza media) il tema dei burattini che stiamo comunque già usando durante l'anno scolastico e che sembrano proprio interessarlo. Vorrei sapere da Lei se esistono testi (anche in lingue diverse dall'italiano) che potrei utilizzare per la didattica inclusiva e le strategie terapeutiche del teatro di figura. Grazie ancora per il Suo contributo.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Redazione di ArteGrandeGuerra12 marzo 2022 alle ore 10:13

      La ringraziamo anzitutto per il messaggio. Riguardo alle sue domande, purtoppo non siamo esperti in materia. Le consigliamo di mettersi in contatto con persone che operano direttamente con i ragazzi con difficoltà
      Noi possiamo comunque indicarle una bibliografia minima, forse un po’ troppo teorica, sulla questione:
      - Bernardi C. (2004), Il teatro sociale: L’arte tra disagio e cura, Carocci, Roma.
      - Trinci M. ed. (1993), Il bambino che gioca, Bollati Boringhieri, Torino.
      - Seragnoli D. (1999), Ascoltare l'altro. Teatro e handicap mentale: un laboratorio di sentimenti, in Pozzi E. and Minoia V., eds., pp. 23-36.
      - Scabia G. (1976), Marco Cavallo: Una esperienza di animazione in un ospedale psichiatrico, Einaudi, Torino.
      - Rossi Ghiglione A. (2019a), Arte, benessere e cura: La potenza del teatro, in Bino C., Innocenti Malini G. and Peja L., pp. 251-261.
      Inoltre può consultare le seguenti pagine:
      https://www.academia.edu/40431429/Carla_M_Bino_Giulia_Innocenti_Malini_Laura_Peja_Introduzione_in_Lo_Scandalo_del_corpo_Studi_di_un_altro_teatro_per_Claudio_Bernardi_Milano_2019_pp_IX_XXIV

      Pozzar G. (2011), Marco Cavallo: Da un ospedale psichiatrico la vera storia che ha cambiato il modo di essere del teatro e della cura. Video. https://www.youtube.com/watch?v=LBp2ujRB4TQ

      Elimina