"La guerra è bella ma è scomoda" di Monelli e Novello

Sfogliare le pagine di La guerra è bella ma è scomoda (testo edito nel 1929, frutto della felicissima collaborazione tra lo scrittore Paolo Monelli e il disegnatore, "alpino partito da zero",  Giuseppe Novello) significa scontrarsi con una questione di non piccola entità: come può essere raccontata la guerra? Qual è il registro espressivo più efficace per avvicinare il lettore alla cruda esperienza vissuta dai soldati?

Paolo Monelli, ufficiale degli alpini durante la Grande Guerra, aveva già raccontato le proprie avventure al fronte in Le scarpe al sole (Cronaca di gaie e di tristi avventure di alpini di muli e di vino), uscito nel 1921. Si tratta di un testo di altissima qualità letteraria, amaro ma non privo d'allegria, che descrive, in pagine palpitanti e musicali, le dure condizioni degli alpini in guerra: le asprezze della vita di trincea, le battaglie, le morti spesso inutili, e infine la prigionia seguita alla rotta di Caporetto. 


La guerra è bella ma è scomoda tenta fin dal titolo un approccio completamente differente. Qui la materia incandescente dell'esperienza in prima linea è stata fatta come decantare. La guerra, più che essere raccontata in presa diretta, viene ricordata, ripensata da una certa distanza. I testi di Monelli e le efficaci (e modernissime) illustrazioni di Novello ci fanno pervenire le vicende guerresche degli alpini attraverso il filtro di un'ironia goliardica e giocosa, impensabile nei tempi che immediatamente seguirono il conflitto, andando a tratteggiare quegli anni durissimi con spirito salace ma anche con la tenerezza con cui si ripensa la propria gioventù.



Tavola 1
Lo sguardo irridente dei giovani autori si appunta volentieri sui frusti stereotipi utilizzati dall'iconografia propagandistica. Nelle prime pagine del testo, ad esempio, ci si prende gioco del modo con cui i giornali di allora descrivevano le azioni eroiche dei nostri alpini (tavola 1). Così commenta la tavola Monelli:
- Ma voialtri in guerra non facevate che tracannar fiaschi, o burlar la gente, o masticar cicche, o tirar ostie con licenza de' superiori, o cantar a Serafina che venisse da basso, - chiede qualcuno che è stato guastato dalla lettura di libri di guerra, - e proprio proprio non vi succedeva altro?Anima semplice, certo che ci succedeva dell'altro. Ma sarebbe grave errore credere che per questo ci andasse via l'appetito. O Dio sì; bisogna dire subito, anche a rischio di comprometterci agli occhi dei futuri scrittori di storie e di epopee; i bravi alpini non sono mai andati all'assalto cantando. E nemmeno, oserei dire, a passo di danza [...]. E bisogna confessare che nessun alpino è mai salito su una parete inaccessibile; perché se era inaccessibile, non c'era accesso nemmeno per lui. E non è vero che l'alpino Finimondo o chi per esso abbia mai sradicato dal suolo gli abeti, da stangarne poi l'odiato nemico. 

Tavola 2
Ma, ci dicono gli autori, non sono solo i giornalisti a vedere una guerra immaginaria e lontanissima da quella sperimentata quotidianamente dai soldati. E, in un'altra illustrazione del libro (tavola 2), Novello gioca con le diverse prospettive che i militari hanno di una battaglia, a seconda della posizione che occupano nella linea gerarchica: dai più alti in grado sino ai semplici alpini. A tale proposito, Monelli scrive:
E vi dirò in un orecchio che delle volte nemmeno quelli dei Comandi sapevano esattamente come andavano le cose della guerra.


Tavola 3
Se dunque Monelli e Novello si sono posti il difficile compito di raccontare i fatti della guerra con un sorriso, nelle illustrazioni La granata (tavola 3) e Il silenzio (tavola 4) il meccanismo di difesa (di trasformazione di una realtà insopportabile) che un tale approccio nasconde diviene scoperto. Neppure il cameratismo indotto dalle comuni esperienze militari, che pur travalica facilmente i gradi e le condizioni sociali, vale nulla contro una granata. E ai caldi momenti di confidenza tra commilitoni fa seguito il lugubre silenzio della morte.
Tavola IV
Monelli rimarca così il distacco che il soldato deve necessariamente porre tra sé e i fatti terribili che gli accadono intorno:
I compagni dicono: povero Chiossetto. Ma la vita è così calda, quando si rientra dal combattimento, così buono è l'odore della terra calpestata, dell'aria bevuta a polmoni pieni, che non si pensa più tanto al compagno che è andato via in fretta per la via nera, dietro a tanti altri più frettolosi partiti prima. È morto, e c'era da aspettarselo. Un di 'sti giorni tocca a noi. Lontano, confuso fra i vapori del piano, è il dolce mondo dove non si muore e dove si è sicuri del domani; remotissimo, precluso da cancelli severi, da sbarre invalicabili su cui sta scritto: alt! taglio capelli.

Tavola 5
Arriva infine l'annuncio dell'armistizio, momento che gli alpini Monelli e Novello rendono metafisico e assolutamente irreale (tavola 5). Avvenimento repentino che sancisce una frattura amara e insanabile tra il mondo festante dei civili e quello dei soldati. Tra chi ha davvero combattuto una guerra durissima e chi si limita a festeggiare la vittoria, reclamando onori immeritati. Ecco il commento all'immagine di Monelli:
E scoccò quell'ora strana, che ci dissero: Da sto momento si è in pace. I primi tempi nessuno se ne rendeva ben conto. Si camminava per le strade, e pareva impossibile non dover andare bassi e coperti; si andava a dormire, e pareva gran sacrilegio cavarsi le scarpe, e chi si fidava di levarsi anche i pantaloni davanti a quel letto dall'aria così sorniona? Ma a poco a poco si capì che l'era finita davvero. Venivan giù gli eroi della venticinquesima ora. Cominciavano a nascere le leggende. Arrivavano dal paese notizie di feste ai vincitori, ai generali, ai bravi soldati. Ma chi festeggiavano se noi s'era tutti quassù, ancora, a far servizio, a presidiare il confine, a rifar strade distrutte, a riassettar le case, a ricostruire gli argini. Mah.



Dario Malini

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