1914 - 2014 La rappresentazione del massacro

«Se noi subiamo delle perdite, dopo ogni azione restano al suolo, al di là del filo spinato davanti alle nostre trincee, un numero ben più grande di soldati russi: alcuni distesi in modo scomposto, altri raggomitolati come feti. I feriti gravi, irraggiungibili nella terra di nessuno, si lamentano per ore. Nei momenti di calma, giochiamo a carte fumando e ingurgitando la pessima grappa di cui non c’è mai penuria.»
D. Malini, Taccuino di un nemico
Philippe Dagen nel suo saggio Le silence des peintres. Les artistes face à la Grande Guerre rileva come, nell’ambito delle rappresentazioni di guerra, le immagini dedicate ai temi del massacro e della morte siano estremamente infrequenti [nota 1], motivando ciò oltre attraverso il fatto abbastanza ovvio che tale genere di raffigurazioni erano di norma bandite dalle esposizioni patriottiche, in quanto nocive al morale dell’arrière, anche, e prioritariamente, con una peculiare difficoltà dell’arte figurativa a trovare una modalità accettabile per rappresentare scene di massacro, a mostrare “l’irrappresentabile”. In questa sezione ci occuperemo dei rari maestri che hanno saputo raffigurare gli eventi della Grande Guerra senza mascheramenti, adottando soluzioni di volta in volta differenti, ma mostrando sempre e comunque, ostinatamente, la volontà incrollabile di documentare e tramandare gli orrori del primo conflitto globale.

Willy Jäckel, Campo di battaglia, 1915, litografia,
mm 219 x 260 (inciso), mm 418 x 335 (foglio)
Questo, ad esempio, è il percorso scelto dall’artista tedesco Willy Jäckel (1888 - 1944) che, fin dal 1914, ha realizzato opere di denuncia aspra ed esasperata [nota 2]. Jäckel fu reclutato come cartografo di trincee e successivamente come fotografo specializzato in riprese aeree [nota 3]. Dall’inizio del conflitto l’artista non smise mai di raffigurare le atrocità che ebbe modo di osservare, esprimendo ad esempio la sua rabbia e indignazione in una serie di dieci litografie dal titolo Memento, bandite alla loro prima apparizione pubblica nel 1915. Presentiamo qui una litografia sciolta, intitolata Campo di battaglia, eseguita nel 1915, poco dopo la serie sopra menzionata. Nel mezzo della terra di nessuno un soldato e un cavallo feriti mortalmente sono intrappolati nel filo spinato. L’artista li rappresenta entrambi nell’atto di sollevare la testa verso il cielo, con un gesto di disperata ribellione che ritroveremo sostanzialmente immutato nel celeberrimo dipinto realizzato qualche decennio più tardi, nel 1937, da Pablo Picasso per commemorare l’efferato bombardamento della città di Guernica.

Willy Jäckel, Bombardamento, 1914, litografia,
mm 250 x 215 (inciso), mm 405 x 320 (foglio)
Anche nella litografia del 1914 Bombardamento, pubblicata a Berlino dall’editore Julius Bard nella raccolta Krieg und Kunst, Jäckel rappresenta la morte in presa diretta; morte che, in quest’opera che vuol essere un emblema della guerra tecnologica moderna, si avvale delle geometrie perfette tracciate dalle schegge metalliche proiettate nello spazio dall’esplosione di una granata. L’uomo in un tale gioco non ha altro ruolo che di vittima, così i due militari ripresi in primo piano sono sollevati di peso dalla forza dello scoppio, mentre un terzo soldato, di cui si vede solo la testa in basso a sinistra, evidenzia nella smorfia grottesca del viso l’inutilità e la crudeltà di una tale fine.

André Dunoyer de Segonzac, “Esplosione”,
acquaforte, mm 130 x 115 (lastra)
La raffigurazione grafica degli effetti di un’esplosione è pure il soggetto dell’incisione che si vede qui sopra, dell’artista francese André Dunoyer de Segonzac (1884 - 1974), la cui opera di guerra conta un corpus di ben 358 grafiche [nota 4]. L’artista qui si allontana dai modi pacati di raccontare la guerra che gli sono congeniali [nota 5], andando a raffigurare lo spasimo del volto contratto di un militare che si abbarbica alla baionetta e l’incurvarsi al suolo di un altro soldato il cui elmetto balza in aria, in conseguenza della detonazione. Il rumore assordante e il movimento dell’aria pregna di schegge sembrano dilatare le figure e contrarre lo spazio fino quasi all’annullamento. Il risultato è un’immagine di immane drammaticità e di potente modernità.

Heinrich Ehmsen, “Morti tra il filo spinato”,
acquaforte, mm 120 x 150 (lastra)
Un altro artista che ha saputo confrontarsi, senza porre censure, con gli orrori della guerra è il tedesco Heinrich Ehmsen (1886 - 1964), mobilitato su linee avanzatissime per tutto il periodo della guerra sul fronte francese, in Romania e nelle Fiandre. L’acquaforte qui presentata, “Morti tra il filo spinato”, è assai rappresentativa della poetica e dell’impegno civico del maestro. Per raffigurare dei cadaveri di compagni impigliati nel filo spinato, Ehmsen evita, come per una sorta di pudore, ogni artificio artistico, avvalendosi invece della forza evocativa di un segno quasi infantile e annullando qualsiasi velleità plastica. Così il cosmo forgiato dalla guerra si condensa nella cruda raffigurazione di un lugubre e piatto labirinto che non contempla vie d’uscita.

Marcel Chabas, Studio per il […] di un soldato,
disegno ad acquarello, matita e olio, mm 320 x 244 
L’opera riprodotta qui sopra, di grande drammaticità, è connotata da toni esasperati e macabri. Si tratta di una gouache rifinita a matita del maestro Marcel Chabas (1890 - 1948), datata 1918, che, in uno stile espressionista memore forse di Munch, condensa l’insensata brutalità del conflitto nell’urlo macabro e silenzioso di un cadavere in avanzato stato di disfacimento, incastrato negli avvolgimenti del filo spinato.

Anonimo, Barry-au-Bac: la chiesa e il cimitero, ca. 1917,
acquarello, mm 230 x 294
Chiude questa sezione un acquarello anonimo, raffigurante la devastazione della chiesa e dell’annesso cimitero di Barry-au-Bac de l’Aisne, località strategica di osservazione, attraversata dal fronte dal 1914 al 1917, quando francesi e tedeschi si scontrarono in una guerra sotterranea di proporzioni colossali, che consentì a ciascuno dei contendenti di far saltare con le mine molti chilometri di trincee nemiche. In primo piano, dalle bare dissepolte, riaffiorano antichi scheletri, a sottolineare come la guerra moderna non abbia rispetto neppure del passato [nota 6].



Carol Morganti
Dario Malini
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Note
[1] L’analisi di Dagen si basa principalmente sul materiale grafico presente nel BDIC, il Musée d’Historire contemporaine di Parigi, che conta più di duemila disegni, la gran parte dei quali raffigurano ritratti, scene di genere, paesaggi e soggetti umoristici, e solo pochissimi raffigurano scene di massacro (Cfr.: P. Dagen, Le silence des peintres. Les artistes face à la Grande Guerre , Paris 1996, ed. cons. 2012, p. 116).
[2] Di Willy Jäckel, oltre ai lavori descritti in questa sezione, è presente anche l’opera catalogata al numero 95.
[3] Cfr.: R. Cork, A bitter truth: Avant-Garde Art and the Great War, New Haven-London 1994, p. 105.
[4] Cfr.: Dagen, cit., p. 120.
[5] Nel presente catalogo abbiamo presentato, in fig. 65, un’altra acquaforte del maestro con una scena di vita di trincea.
[6] Nel luogo del cimitero di Barry-au-Bac de l’Aisne, dove sono sepolti quasi 4.000 caduti, è stata realizzata una necropoli nazionale dei morti della Grande Guerra, facente parte del percorso dei cimiteri del Chemin des Dames.

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