Retrovie: movimenti di soldati

Il noto artista-soldato Anselmo Bucci ambienta nelle retrovie una parte considerevole delle sue opere dedicate alla Grande Guerra. Tra esse vi proponiamo due acqueforti, entrambe tratte dalla serie Croquis du front italien (1917): Colonne en marche (fig. 1) e Extenuées (fig. 2). 
Anselmo Bucci,  Colonne en marche , 1917 (fig. 1)
Significativa, la prima, a rappresentare gli imponenti spostamenti delle truppe verso le zone di un attacco che andrà a dispiegarsi in un’area montana del Trentino o del Friuli dove l’artista venne mobilitato dopo il periodo di militanza nel Battaglione Volontari Ciclisti. La scena, ripresa da lontano e dal basso, mostra una schiera di fanti che risalgono il sentiero zizzagante di un pendio, come una anonima colonna di formiche dirette verso una meta non conoscibile. I più vicini al punto di osservazione appaiono, di schiena, compatti e ordinati, a mezz’altezza vi è un gruppo che viaggia con un asino, i più lontani si confondono con i radi filamenti della vegetazione di un paesaggio spoglio e desolato. 
Anselmo Bucci,  Extenués , 1917 (fig. 2)
In ripresa ravvicinata, all’opposto della precedente, è la scena rappresentata in Extenués, dove alcuni soldati sono colti in un momento di sosta, forse dopo un marcia spossante. Lo scorcio, così audace da produrre un effetto deformante, va a cogliere in primissimo piano due militari distesi bocconi che, sfiniti, assaporano un momento di riposo. La loro posa scomposta ha però anche qualcosa di lugubre, che rimanda all'abbandono della morte. Sullo sfondo sono tratteggiate delle sagome di spalle e il profilo di un soldato accovacciato, intento a scrutare nel cannocchiale la zona circostante. Le piccole dimensioni di quest’opera, giocata sugli effetti di scuri e di chiari dei diversi piani della rappresentazione, uniti alla ripresa inclinata e ravvicinata, conferiscono a questa immagine un taglio audace e sperimentale.


Confrontiamo ora queste incisioni con due acqueforti realizzate nello stesso periodo da André Devambez, autore della straordinaria raccolta dal titolo Les douze-eauxfortes (1915-1917), nata sulla scorta della partecipazione alla guerra dell’artista sul fronte occidentale, in un’area, l’Artois, dalla morfologia completamente  differente da quella raffigurata da Bucci: la grande pianura francese.
André Devambez, copertina de Les douze-eauxfortes  (fig. 3)
L’acquaforte incisa sulla copertina della raccolta (fig. 3) presenta alcuni punti di contatto con l'opera illustrata in fig. 1 di Bucci. Anche qui i soldati di un’intera compagnia appaiono gli anonimi componenti di una folla che avanza in file ordinate. Gli elementi naturalistici sono ridotti al minimo e conferiscono al tutto un senso di desolata assenza: la duplice infilata degli alberi spogli che costeggia la strada posta sulla destra è il segno più tangibile di una natura raggelata. Un cielo straordinariamente vasto, che va a occupare la metà superiore della scena, è solcato da un gran numero di irreali nuvole bidimensionali, delineate con un movimento quasi circolare. La data riportata in lastra, “1915”, e i riferimenti alla stagione riconducono la scena all’inverno del secondo anno di conflitto quando un’ampia mobilitazione di truppe venne richiesta dal comandante in capo francese Joffre per indebolire le linee tedesche. 
André Devambez,  Les riserves   (fig. 4)
Al movimento di questa scena si contrappone la stasi dei soldati rappresentati da Devambez ne Les riserves (fig. 4), raffigurante un contingente di truppe destinate a portare rinforzi e rimpiazzare le perdite. Il tema è lo stesso trattato da Bucci in Extenuées (fig. 2): il momento della sosta, l’agognato riposo dopo un lungo e faticoso cammino. La scena descritta da Devambez è straordinariamente vivace e ricca di particolari. Mentre sul bordo destro, dentro un avvallamento, molti militari sono in piedi, in blocchi serrati, e tutti ugualmente equipaggiati, gli spazi restanti sono disordinatamente occupati da altri commilitoni. Deposto l’armamentario nell’area centrale, dove è visibile un’infilata di covoni di fucili, costoro, ora in crocchio ora isolati, stanno variamente disposti, chi in piedi, chi seduto, chi sdraiato. L’occhio dello spettatore indugia sulle pose spontanee di questi uomini per cogliervi gli effetti prodotti dal godimento della provvisoria libertà. Potrà stupire la varietà dei modi con cui ciascuno è raffigurato, dal sodato disteso a pancia all’ingiù in scorcio in primo piano, ai compagni sedutigli accanto e ripresi frontalmente, a quelli adagiati sul declivio, ad altri ancora intenti a discorrere con un vicino, o al ciclista, visibile sulla destra, in procinto di inforcare la bicicletta.


Se, come abbiamo visto, i temi illustrati  da Bucci e Devambez nelle opere analizzate sono i medesimi, ossia la mobilitazione, gli spostamenti e le soste di truppe, è interessante notare come i due artisti li rappresentino impiegando tecniche antitetiche: al posto della ripresa dal basso, il maestro francese adotta una visuale dall’alto, e in luogo del primo piano ravvicinato e deformante, predilige il “campo lungo”. Così si potrebbe dire che che Bucci ci restituisce lo sguardo del fante, mentre ciò che preme all’artista francese è mettere in risalto l’imponente massa di uomini coinvolti nelle operazioni, creare grandi scene di movimenti di massa. 

Carol Morganti


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