A.G.G. n° 23 - Luglio - settembre 2015

Ciò che lascia la battaglia
Nel corso della prima guerra mondiale, numerosi furono i soldati che sentirono la necessità di fissare - con scritti o immagini - gli spettrali e inediti scenari che l'uso indiscriminato delle armi moderne andava delineando. In questo numero della rivista ArteGrandeGuerra, n° 23 di luglio - settembre 2015, vogliamo affrontare tale tematica da un punto di vista peculiare, concentrandoci non tanto sul momento "epico" della battaglia, quanto su ciò che ad essa fa seguito. Inseguiremo, cioè, i segni indelebili - visibili e segreti - impressi dalle esplosioni sugli uomini e sulle cose: ciò che lascia la battaglia, confidando nel valore di reale svelamento di un tale approccio.
Partiamo da molto lontano, affidando la prima riflessione su questo argomento ad un memorabile haiku del grande poeta giapponese Basho: 
Prati d’estate,
ciò che resta 
dei sogni dei soldati.
Bashō Matsuo (1644- 1694)

Messaggio profondo e di universale validità che sembra però un poco "fuori registro" se trasposto nel periodo alienante di cui ci occupiamo, nel quale neppure le ferite inferte alla natura sembrano potersi risanare: le armi "industriali", infatti, non lasciano prati ma deserti e crateri. I soldati della Grande Guerra, inoltre, non fanno sogni, neanche di gloria. In realtà, spesso, non dormono neppure e l'unico loro desiderio è sopravvivere agli orrori che attraversano, restando uomini:
Veglia
Cima Quattro il 23 dicembre 1915
Un’intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio 
con la congestione 
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d’amore

Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita
Giuseppe Ungaretti, L'allegria
***

Cominciamo ad avvicinarci all'argomento in questione, andando a ricercare i segni lasciati dalle battaglie su ciò che potremmo chiamare il "mondo mentale" dei combattenti. A tal fine, utilizzeremo alcuni illuminanti scritti di guerra. Privilegeremo, in particolare, le pagine che si concentrano sugli effetti esiziali sulla psiche della lunga esposizione alla lugubre atmosfera della trincea, situazione che caratterizzava sovente l'esistenza dei soldati della Prima guerra mondiale. Ecco il link all'intervento: Spettrali paesaggi interiori negli scritti dei soldati.
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Il recente straordinario ritrovamento, da parte della nostra associazione, del diario di guerra per immagini di Peter Thelen, un soldato belga che ha combattuto nel suo paese a partire dal 1914 sino al termine del conflitto (morendo nel 1920, in conseguenza delle ferite subite in battaglia), ci permette di affrontare un tema spesso trascurato della fase iniziale della Prima guerra mondiale: l'impatto sui soldati belgi (la cui neutralità era stata sanzionata fin dal trattato di Londra del 1839) della repentina, e del tutto inaspettata, necessità di dover scendere sul campo di battaglia. Cliccare qui per leggere l'articolo: Le conseguenze della guerra nei disegni inediti di un soldato belga.
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Il tema delle rovine, uno dei segni più eclatanti e visibili lasciato dalle battaglie, costituisce un vero e proprio genere, nell'ambito dell’arte prodotta in seno alla Grande Guerra, finalizzato a conservare la memoria dei luoghi colpiti dai bombardamenti. Un obiettivo che venne perseguito anche per edifici privi di qualsiasi specifico interesse storico-artistico, poiché sovente erano proprio le devastazioni inferte alle strutture della vita "normale" ad acquistare una particolare rilevanza poetica, attirando lo sguardo degli artisti.
Restando in questo stretto ambito, il seguente intervento intende presentare l'incisione La farme de Léomont, un'opera poco conosciuta di Anselmo Bucci incentrata sul motivo paesaggistico e sul tema delle rovine. Rappresenta una vera e propria eccezione all'interno della produzione di guerra del maestro, che in genere predilige la figura umana quale fulcro compositivo e motore. Di seguito, il link all'articolo: Un’insolita opera di guerra nella produzione incisoria di Anselmo Bucci.
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Come ultimo intervento, vi proponiamo, in assoluta esclusiva, due intensi disegni del maestro francese René Georges Hermann-Paul (1864-1940), intesi a evocare la città di Clermont-en-Argonne, devastata dai tedeschi nel corso dei combattimenti dell'11 novembre 1914. Il segno secco e asciutto di questo artista, caratterizzato dalla netta contrapposizione tra le linee spesse e angolose dei contorni, e i tratti sottili che suggeriscono spazi e volumi, va a delineare immagini tragicamente stravolte della realtà urbana, nelle quali non si potrà fare a meno di cogliere un’allusione alla dissoluzione, operata dalla guerra, delle fondamenta stesse della società civile. Ecco il link all'articolo: Allusioni macabre nelle rovine di René Hermann-Paul.
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Pasqua 1915 
VIA CRUCIS
(disegno di Boetto)
Chiudiamo questo numero di ArteGrandeGuerra con due vignette dell'epoca. Nella prima, che è un'immagine di chiara impronta propagandistica, pubblicata sulla rivista «Numero» in occasione della Pasqua 1915, la sanguinosa invasione del Belgio - la cui devastazione aveva tanto colpito l'immaginazione dell'opinione pubblica - diviene il teatro della Via Crucis: in una spettrale pianura fangosa dominata da un cielo plumbeo, l'esercito tedesco conduce Cristo verso il Golgota. Il futuro nemico (ricordiamo che l'Italia entrerà in guerra esattamente 20 giorni dopo tale festività, caduta quell'anno il 4 maggio) è raffigurato dunque qui come deicida, con ironico e assoluto spregio della realtà storica poiché, come tutti sanno, quel ruolo era stato invece, in origine, dei Romani...
Il giorno del Signore
CRISTO: Quasi, quasi, do le

dimissioni da Redentore!
(disegno di Camerini)
In questa seconda immagine (di curioso afflato antimilitarista, tenendo conto della spiccata vocazione interventista della rivista «Numero», la cui uscita di Natale 1915 proponeva la vignetta) il protagonista è ancora Cristo. Qui il figlio di Dio, osservando sconsolato i cadaveri restati sul terreno dopo una cruenta battaglia, sembra sul punto di perdere la fiducia nella possibile salvazione dell'intera umanità. 
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Sommario
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