Il tema dell'attacco in letteratura

Nel primo brano che vogliamo proporvi (da Nelle tempeste d'acciaio di Ernst Jünger) l'azione si svolge a Regniéville nel mese di settembre 1917. L'autore racconta un episodio di guerra avvalendosi di una struttura narrativa sorprendentemente semplice e lineare. Così, ciò che spinge irresistibilmente il lettore a tener dietro ai soldati è anzitutto il ritmo: la scansione dinamica dell'azione che incede verso le trincee nemiche. Tutto ciò, assieme al linguaggio immediato di Jünger, genera una prosa avvertita ancora oggi (anche nell'originale tedesco) come "moderna"; cosa che che ha l'effetto (attentamente calcolato dall'autore) di stempera la brutalità dell'episodio narrato, evidenziando invece alcuni motivi "positivi" di coloro che vi partecipano quali il coraggio, lo spirito d'avventura, il cameratismo.
Qui trovate "L'attacco" di Ernst Jünger.

Tutt'altra intonazione acquista l'azione guerresca nella voce del soldato-pittore Walter Giorelli, stanziato sul fronte italiano.
Lo scritto che vi proponiamo, tratto da Il sorriso dell’obice di Dario Malini, ci aiuta a capire cosa fu  davvero la Sesta Battaglia dell’Isonzo, la cosiddetta Battaglia di Gorizia, svoltasi tra il 6 e il 17 agosto 1916. E quanto differente essa risulti da come è stata tramandata negli entusiastici comunicati che il generalissimo Luigi Cadorna emanava uno dopo l'altro in quei giorni.
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La prosa di Giorelli (fedelmente "restaurata" da Dario Malini) non cerca scappatoie all'orrore, senza tuttavia dare mai l'impressione di essere scritta di getto; guidata, si direbbe, da uno sguardo che, anche nei momenti più drammatici, non può evitare di cercare, sempre e comunque, la parola e l'inquadratura più efficace.
 Cliccare qui per leggere il brano.

Per farci vivere il momento dell’attacco, Henri Barbusse si avvale di un’articolata costruzione visiva-narrativa. L’attento alternarsi di inquadrature strette, a mostrare i visi tirati dei soldati, e "grandangolari" sul paesaggio disfatto; di stasi e movimento; di silenzio e fragore; costruiscono un testo che avviluppa il lettore, lo trascina fin nelle trincee e poi fuori nella terra di nessuno. Si badi bene, "l’attacco" che ci si mostra nelle pagine di Barbusse non è quello dei generali e neppure quello degli storici. Ciò che interessa lo scrittore sono invece i fatti minimi, il modo in cui la guerra s'abbatte sui singoli poilus: operai e contadini non privi di temperamento che avanzano verso l’abisso senza comprenderne il motivo. Cliccare qui per leggere questo pezzo (da Il fuoco di Henri Barbusse).


Erich Maria Remarque, nel suo Niente di nuovo sul fronte occidentale, vuole anzitutto forzarci a comprendere cosa significhi per un giovane tedesco scontrarsi con la cruda realtà della Grande Guerra. In queste pagine non pare esistere per definizione alcuno spazio per dei vincitori. Il brano che abbiamo scelto per illustrare il momento selvaggio dell’attacco, a questo proposito, è paradigmatico: condensa in poche righe, e non senza ferocia,  tutta la tristezza dell’autore-soldato per l’assenza di un significato qualsiasi che giustifichi gli orrori della battaglia. L'amor patrio, Il coraggio, l’abnegazione, il cameratismo? Nulla sembra sopravvivere alle armi industriali che schiacciano i corpi e trasformano le menti degli uomini. 
E si noti come, anche in un testo il cui tema è eminentemente dinamico, la prosa dello scrittore avanzi pensosa, vada lentamente a dispiegare davanti al lettore il deserto che la guerra costruisce via via nell'intimo di un soldato. 
Trovate qui lo scritto di Remarque.


La follia dell'attacco negli scritti dei soldati
  1. Nelle tempeste d'acciaio di Ernst Jünger
  2. Il sorriso dell’obice di Dario Malini
  3. Il fuoco di Henri Barbusse
  4. Niente di nuovo sul fronte occidentale di Erich Maria Remarque


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