AGG n° 2 - luglio e agosto 2011

Questo mese parleremo dell'attacco: il temutissimo momento in cui il fante deve lasciare il riparo della trincea per avventurarsi nella cosiddetta "terra di nessuno": luogo oltremodo ostile, dominato dall'orrore e dalla brutalità.

Gli artisti soldato hanno raffigurato questa tematica mettendone in evidenza, di volta in volta, il dinamismo, l'annullamento dell'individuo, la disumanità dell’azione oppure affrontando l'orrore della battaglia da altre sorprendenti angolazioni. Cliccando qui potete vedere le opere (tutte appartenenti alla collezione ArteGrandeGuerra) che abbiamo selezionato per voi. 

Il momento dell'attacco non è meno terribile quando si materializza in forma di parole. Qui potete leggere alcune pagine che grandi scrittori-soldato hanno dedicato a tale tema. Il nostro commento vorrebbe decodificarne anzitutto i valori prettamente narrativi. 

Terminiamo questo secondo numero di AGG accostandoci a un libro ormai quasi dimenticato: si tratta del testo poetico La Sagra di Santa Gorizia di Vittorio Locchi, illustrato da xilografie di Filippo Binaghi, pubblicato nel 1918 per i Gioielli dell'Eroica dopo la diffusione della notizia dell'affondamento del Minas, silurato al largo di Capo Matapan. A bordo della nave vi era anche il soldato Vittorio Necchi. Di lui,  del «cavaliere poeta che con la sua generosa serenità salvò dagli agguati del disordine numerosi compagni, non si è saputo più nulla» (dall'introduzione di Ettore Cozzani).
Si noti che a dare materia al poema è la Battaglia di Gorizia, la medesima raccontata, in modo assai più crudo e realistico, nel breve estratto de Il sorriso dell'obice con cui abbiamo illustrare il motivo dell'attacco in letteratura (cliccare qui per accedervi).
Una pubblicità alla Sagra
apparsa su Il Marzocco  del 2/12/1917
Lasciamo ora la parola ai versi dello stesso Locchi in merito alle caratteristiche del suo stile:
Ma per cantare
bisogna purificarsi,
bagnarsi dentro l'Isonzo,
asciugarsi al sole,
dimenticare
ed essere tutto cuore,
dalla fronte al tallone:
tutto amore e tutto ardore.
Bisogna cantare umilmente,
come quando, la sera,
cantano i fratelli,
ripensando la mamma [..].
Perciò, parole,
Amore mio,
vi scrivo come sgorgate,
vi lascio come fiorite,
umili e sole,
senza rima e senza studio,
semplici, disadorne,
come la tenuta del fante
sporco di fango,
quando scende dalla trincea,
e pare una statua di terra,
di terra sanguigna del Carso.
Chi cerca l'Arte
non mi sieda vicino
e non mi ascolti.
Qui trovate alcune pagine del Locchi dedicate al tema dell'attacco.

Vi salutiamo con un po' di umorismo di guerra. Ecco una vignetta uscita nell'agosto 1916 sulla rivista Numero, l'indomani della battaglia di Gorizia:
Cliccare sull'immagine per ingrandirla

******************




Nessun commento:

Posta un commento